Visualizzazione post con etichetta fumetti e graphic novel. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fumetti e graphic novel. Mostra tutti i post

mercoledì 11 dicembre 2024

Il Mondo della Foresta

  • Titolo: Il Mondo della Foresta
  • Titolo originale: The Word for the World is Forest
  • Autrice: Ursula K. Le Guin
  • Traduttore: Riccardo Valla
  • Codice ISBN: 9788804757467
  • Casa editrice: Mondadori 

Trama

Il "mondo della foresta" è il pianeta Athshe, abitato da una specie umanoide di "piccoli ometti verdi" che ha dato origine a una civiltà pacifica, basata sulla conoscenza di sé e sull'armonia dello spirito. I coloni venuti da Terra lo chiamano New Tahiti, ne sfruttano la popolazione, che considerano inferiore, e ne predano le risorse abbattendo indiscriminatamente gli alberi per inviare il prezioso legname sul loro lontanissimo mondo, dal quale la vegetazione è scomparsa. I miti nativi di Athshe si scontreranno loro malgrado con il modo di vivere rapace dei terrestri, imparando cosa siano l'avidità, la violenza, la vendetta. Sesto libro del "ciclo dell'Ecumene", "Il mondo della foresta" (Premio Hugo nel 1973 per il miglior romanzo breve) parla di sopraffazione e resistenza, della perdita dell'innocenza e del potere del sogno. In una trama fantascientifica che riecheggia gli eventi del Vietnam, racchiude, con toni talora crudi, talora fiabeschi, i temi cari a Le Guin: l'eterna dialettica tra bene e male, l'incontro di culture, l'armonia con la natura, la pace.


Recensione e commento

Come ormai saprete, per me è sempre difficile scrivere una recensione su un romanzo di Ursula Le Guin perché qualsiasi cosa io possa dire appare superflua rispetto a tutto quello che ha detto lei da sé. Questo testo non fa eccezione, si esplica perfettamente da solo, ma come sempre cercherò di fare del mio meglio. 

I temi di ambientalismo e diversità sono quanto mai presenti in Il Mondo della Foresta, al punto che sono arrivata a capire che non era lei avanti sui tempi, ma noi estremamente in ritardo. Infatti, in questo romanzo, lei stessa ammette di non aver resistito alla tentazione del pulpito e di farci la morale, per una volta, e, senza mai sfociare nella banalità, ci racconta di un mondo in cui non puoi mangiare i tuoi soldi, una volta che hai bruciato tutti gli alberi e inquinato tutte le acque. Questo romanzo scritto e pubblicato in piena guerra del Vietnam ha sicuramente delle similitudini con la realtà, primo fra tutti l’uso del napalm, la forte presenza della foresta sia come tratto culturale che come elemento strategico in guerra, e di un popolo che in essa riesce a nascondersi al punto da considerarla il mondo intero.

Ci viene mostrato come gli umani si concentrino sempre e solo sulle differenze e mai sulle cose in comune, infatti, come spesso accade nella fantascienza di Le Guin, abbiamo esseri umani che sono stati impiantati sui vari pianeti e lì hanno seguito percorsi evolutivi diversi, ma sono sempre la stessa cosa, anche se adattata a una natura diversa. In questo contesto, l’autrice ci mostra le sfaccettature del razzismo, le sue ipocrisie e i suoi bias, perché i nativi vengono considerati umani o non umani a seconda di ciò che fa comodo all’oppressore: quando si tratta di farli lavorare come asini da soma allora sono facilmente identificabili come animali, ma quando c’è da violentare le donne allora sono abbastanza umane da andare bene. Allo stesso tempo, mentre tutto ciò che viene commesso in prima persona viene considerato legittimo, sacrosanto o quantomeno giustificabile, il pensiero che possa accedere qualcosa di simile a parti inverse diventa insopportabile e disgustoso. Al rapporto tra le due fazioni presenti nel romanzo viene attribuita moltissima della retorica ancora oggi presente nella dialettica razzista, soprattutto per quanto riguarda la cultura e le differenze fisionomiche che nulla hanno a che fare con il pensiero o le capacità.

Lo stesso tipo di traslazione viene fatta anche in ambito ambientalista. Nella prefazione Le Guin ci racconta che in quel periodo era comune per lei unirsi a manifestazioni pacifiche di protesta contro la guerra e contro lo sfruttamento dell’ambiente e che trovasse molto strano che tutto ciò venisse considerato bizzarro. Nel romanzo vediamo che l’utilitarismo verso la terra si giustifica con una indiscriminata deforestazione sul pianeta colonizzato, come se la mancanza di legno sulla Terra, causata proprio dallo stesso identico tipo di sfruttamento, giustificasse tutto. Ci viene mostrata un’umanità che non solo non ha imparato nulla, ma che continua a basare il suo modello economico sulla prepotenza e la prevaricazione, senza mai comprendere che non siamo noi contro la natura, ma noi e la natura assieme.

Sono 160 pagine davvero pregne e personalmente la cosa che amo di più di Le Guin è che non si perda in chiacchiere, perché riesce sempre a delineare anche in un solo paio di battute di un discorso diretto tutto quello che ci serve estrapolare per farci un pensiero nostro. Ed è infatti in questo modo che ci viene raccontato dell’inadeguatezza della politica, perché i politici dei vari enti internazionali e interplanetari sono lì a parlarsi tra di loro, a chiedere tregue, a dire che devono parlare prima con i loro superiori, ma nessuno si prende la briga di trattare con la popolazione locale o di fare a lei delle promesse.

Anche i personaggi sono altrettanto complessi per quanto delineati in pochissimo spazio, solo uno di loro è completamente malvagio, mentre gli altri sono umani e quindi un mix di bontà e cattiveria. Persino il personaggio più positivo è inconsapevolmente sessista, non perché intenda esserlo, quanto perché è nato e cresciuto immerso in quel tipo di società e questo è chiaro dalle cose che dice in merito al suo rapporto con le donne.

Non sono sicura di essere stata sufficientemente convincente, ma non credo che Le Guin abbia bisogno di troppe presentazioni. Non ho mai letto un suo libro pensando “Questo lo ha scritto perché aveva la rata del mutuo”, anzi, ogni sua parola, ogni sua frase è sempre necessaria e la vivo come un arricchimento. Il Mondo della Foresta non fa eccezione, è un libro efficace e all’avanguardia che dovremmo recuperare tuttɜ per sapere quanto tempo abbiamo avuto per cambiare le cose e invece non lo abbiamo fatto.

In 160 pagine è riuscita a criticare l’invasione del Vietnam, la scarsa attenzione verso l’ambiente sia dell’opinione pubblica, sia della politica, che resta indifferente anche davanti ai genocidi. Se dopo cinquant’anni dalla prima pubblicazione non è cambiato nulla allora temo che non fosse lei a essere troppo avanti ma noi troppo indietro.

mercoledì 25 settembre 2024

Starling House

  • Titolo: Starling House
  • Titolo originale: Starling House
  • Autrice: Alix Harrow
  • Traduttrici: Alice Casarini & Barbara Ronca
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978880475799
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Rimasta orfana, Opal ha lasciato la scuola e ora lavora come commessa part time, sperando di guadagnare abbastanza per garantire al fratello Jasper una vita migliore. Una vita lontano da Eden, nel Kentucky, un luogo celebre solo per due cose: la sua sfortuna e la scrittrice E. Starling, autrice del romanzo Il Sottomondo, misteriosamente scomparsa cent'anni prima lasciando dietro di sé solo chiacchiere e un'antica dimora nascosta tra gli alberi. Tutti concordano su un fatto: meglio ignorare quella casa e il suo bizzarro, misantropo proprietario, Arthur Starling. Quasi tutti, a dire il vero. Perché Opal è ossessionata da Il Sottomondo fin da bambina. E così, quando si presenta l'occasione di entrare a Starling House - e di guadagnare qualche soldo extra per il "fondo Jasper" -, non sa resistere. Ma ci sono forze sinistre che scavano sempre più nei segreti sepolti tra quelle mura, e anche gli incubi di Arthur sono diventati fin troppo reali. Mentre Eden stessa sembra sprofondare tra i propri fantasmi, Opal capisce che potrebbe avere un buon motivo per restare in città. Perché adesso è giunta l'ora di lottare.


Recensione e commento

Starling House ha un sacco di difetti, non ha una grande trama e tecnicamente parlando è il romanzo più debole di Alix E. Harrow. E l’ho amato completamente.

Ma andiamo con ordine. La protagonista è Opal, per una volta non una ragazza adolescente bella impossibile ma con gli specchi di legno, anzi, Opal è una donna di 26 anni con i denti marci, il mento troppo appuntito e il suo aspetto esteriore nella media è uno dei motivi per i quali è automatico provare empatia per lei. Allo stesso tempo, Alix Harrow, da buona insegnante di Storia, è bravissima a cristallizzare i problemi di una generazione nel suo contesto: in Le Diecimila Porte di January si trattava dei problemi di passaggio tra un’epoca e un’altra, in Le Streghe in Eterno di capitalismo, lotta di classe e di genere. Qui abbiamo i problemi dei cosiddetti “millennial”, un’intera generazione senza prospettive sul lungo termine, senza stabilità e senza futuro, che riesce a malapena a sbarcare il lunario con dei lavori sottopagati, che ha smesso di avere dei sogni perché non ha la possibilità di realizzarli, così come non ha un posto da poter realmente chiamare casa, perché non esiste un luogo da sentire totalmente proprio. Una generazione che deve preoccuparsi di quello che è necessario, mai di quello che vuole, perché quelle precedenti hanno divorato tutto, sacrificato il futuro di chi sarebbe venuto dopo per il proprio tornaconto personale e per accumulare una ricchezza che oggi segna un enorme divario tra ricchi e poveri, avvelenando il mondo senza farsi troppi scrupoli. Harrow non ha risparmiato critiche al capitalismo, elemento che è particolarmente apprezzabile da parte di un’autrice americana. Insomma, Starling House ha toccato dei tasti abbastanza dolenti della mia anima e lo ha fatto spietatamente, senza fare sconti. 

Il problema di Opal non è comprendere se il bel tenebroso di turno ricambi i suoi sentimenti o meno, ma trovare un modo per finanziare i costosi studi di suo fratello minore. I suoi denti marci sono il sintomo di un Paese (gli Stati Uniti) in cui non ci si può permettere nemmeno di avere delle cure mediche decenti, in cui tutto deve passare in secondo piano per poter a mala pena stare a galla. Da qui iniziano i passaggi simbolici e metaforici ai quali Alix Harrow ci ha abituate, perché il sogno di un posto da chiamare casa diventa vero e proprio viaggio onirico quasi ossessivo, così come il tenersi a galla nella vita prende un significato letterale quando Opal ci racconta dell’incidente stradale in cui è finita nel fiume, quando è quasi morta. Ci sono anche altre stratificazioni di significato attraverso il consueto uso dei simboli dell’autrice (ci sono piante rampicanti note per aggrapparsi a qualsiasi cosa e per la loro tenacia, uccelli famosi per la loro capacità di adattamento, ma non starò qui a tediarvi, voi ci vedrete quello che vorrete).

E poi c’è la casa in sé. Un organismo vivo, che cambia forma, in grado di attrarre a sé la persona designata a diventarne guardiana e che in qualche modo porta i segni delle generazioni precedenti che l’hanno resa ciò che è, nel bene e nel male. È intuibile da titolo che il nucleo della narrazione sarà proprio lei. È il simbolo del passato che ci influenza e che si manifesta fisicamente nel presente con degli effetti a catena, con i suoi fantasmi e demoni. Un po’ come ne Il Giardino Segreto, anche qui il prendersi cura della casa è indice dell’inizio di un processo di guarigione interiore, ma che al tempo stesso contiene le stesse cose che consumano un’anima dall’interno.

Insomma, mi conoscete, datemi una catabasi e sono perdutamente vostra (semicit). Infatti, sul finale è necessario scendere fino alle fondamenta della casa, più in profondità possibile, per fare pace con il proprio passato, ma anche con quello delle proprie antenate, perdonare noi stesse e loro, perché anche le loro azioni ci hanno rese chi siamo per via di come ci hanno lasciato il mondo. Serve una guarigione completa dal trauma generazionale, un dolore che, quasi come i geni, viene tramandato alla propria stirpe. Alla fine, dentro ognuna di noi, alla base di qualsiasi azione, c’è solo una ragazzina ferita, fraintesa, che vuole solo un po’ di comprensione, vuole solo giustizia, per poter guarire e smettere di ferire a propria volta, cessando di avvelenare tutto. Nessuna di noi è una sola cosa: non siamo solo vittime e non siamo solo carnefici, una cosa può amalgamarsi nell’altra e ognuna di noi sta combattendo contro qualcosa che non è visibile dall’esterno.

Emotivamente è un romanzo che ho trovato ineccepibile, però per deontologia mi sembra giusto dirvi
anche i difetti. Per quanto il suo incipit e il tema centrale mi abbiano ricordato il mio adoratissimo Il Mare senza Stelle, Starling House ha dei problemini di struttura: tanto per cominciare c’è un’alternanza di due pov che ho trovato poco sensata. I capitoli da parte di Opal sono in prima persona singolare, quelli da parte di Arthur sono in terza persona e sono molto saltuari. Ho trovato questa divisione poco funzionale e non molto efficace. Inoltre, in alcune parti del libro ci sono delle note a piè di pagina, un po’ come in Le Diecimila Porte di January, che però si diradano via via e da un certo punto del libro in poi sono totalmente assenti. La parte fantasy, poi, appare solo dalla seconda metà del romanzo in poi, mentre per tutta la prima metà viene solo fatta intuire. Non sono sicura che questo sia un oggettivo difetto, ma di sicuro vi servirà per decidere se buttarvi su questa lettura, che potrebbe non fare al caso vostro in un periodo in cui avete voglia di un sistema magico caratterizzato e complesso.

A conti fatti, penso che questa volta Harrow abbia voluto concentrarsi maggiormente sulla sfera emotiva e scrivere un libro meno cervellotico e tecnico. Starling House è un libro che vi comprenderà e nonostante questo vi prenderà a calci, mi ha emozionata tantissimo ed è uno dei pochissimi romanzi a essere riuscito a farmi dimenticare di pensare troppo. 

martedì 21 febbraio 2023

Carne da Macello

  • Titolo: Carne da Macello
  • Titolo originale: Meat Marker
  • Autrice: Juno Dawson
  • Traduttrice: Tiffany Vecchietti
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804754244
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Jana Novak è una sedicenne alta e allampanata, da sempre a disagio con il suo aspetto androgino. Un giorno, però, mentre è in un parco divertimenti insieme ai suoi amici, viene notata da un talent scout che le propone di iniziare a lavorare come modella per una prestigiosa agenzia di Londra. Da quel momento, la vita di Jana subisce un brusco cambiamento: dalla periferia londinese dove vive con la famiglia entra a far parte di un mondo sfavillante e attrattivo che sembra prometterle un futuro straordinario fatto di ricchezza, viaggi, feste, incontri con creativi e celebrità. Ben presto, però, Jana comprende che dietro alla spessa e frastornante patina glam della fashion industry si nascondono un lato sudicio e orde di insospettabili predatori pronti ad azzannare a ogni passo le loro giovani prede. E che la fiaba di cui pensava di essere protagonista si sta rapidamente trasformando in un vero e proprio incubo. Con Carne da macello, Juno Dawson ci accompagna nel ventre oscuro dell'industria della moda nell'era del #MeToo, e lo fa con una scrittura potente che non teme di essere cruda e spietatamente onesta. Un romanzo, questo, che non potrà lasciare indifferenti.


Recensione e commento


Provo sentimenti ambivalenti nei confronti di Carne da Macello, un romanzo che si è presentato come denuncia del mondo della moda e che a conti fatti, parla di tutt’altro.

Ma andiamo con ordine. La protagonista è Jana, una ragazza di sedici anni che viene scovata da uno scout mentre si trova in gita scolastica con la sua classe. I problemi sono iniziati proprio a questo punto, al principio della storia, perché è esattamente qui che la trama comincia a inanellare stereotipi: il mondo della moda raccontato in Carne da Macello è molto più simile a come lo immaginiamo noi profane che a come effettivamente è. L’essere reclutata in una situazione quotidiana, le feste prima delle sfilate e i vestiti portati via dal set dopo gli shooting sono solo alcune delle situazioni considerate non professionali e che non avvengono nella realtà. Non sono un’esperta di moda, questo è vero, ma mi piacciono i documentari, di qualsiasi argomento trattino, e ricordo chiaramente due puntate del programma Il Testimone di Pif dedicate alla supermodella Bianca Balti in cui si mostra davvero una panoramica di questo mondo che dall’esterno sembra tutto luccichii e glamour. In quelle puntate, sia Bianca Balti che altre modelle hanno più volte sfatato alcuni degli avvenimenti di Carne da Macello, come le feste prima delle sfilate: durante la settimana della moda non hanno il tempo di andare alle feste, se hanno decine di sfilate al giorno. Chiariamoci, non intendo fare un elenco di cose che so e che sono diverse rispetto al libro solo per fare la maestrina e fare sfoggio di cultura, intendo solo puntualizzare che questo libro si apre con un elenco di trigger warning proprio perché voleva raccontare una storia veritiera, realistica e far venire a galla i comportamenti disfunzionali di un intero sistema, ma per me non è stato possibile credere al racconto proprio perché è andato avanti per cliché di varia natura, inclusi quelli legati alla nazionalità. Se mi seguite su Instagram, forse avrete visto nei giorni scorsi le mie storie che contenevano alcuni screenshot riguardanti le descrizioni di personaggi tedeschi, italiani, francesi. Tutti loro erano perfettamente aderenti allo stereotipo: tedeschi uguali a Schwarzenegger (che è austriaco, ma a quanto pare per l’autrice non c’è differenza), italiani unti, abbronzanti, grassocci e coperti di catene d’oro, più somiglianti allo standard del camorrista della domenica nei film di gangster americani che ai fashion addicted milanesi, autisti francesi con cappelli piatti, odore di sigaretta addosso e barba sfatta. 

La fiera del luogo comune viene riservata anche alle descrizioni delle città: Milano (MILANO!) è piena di gelaterie artigianali in zona Duomo (Burger King, McDonald, Starbucks e gli all-you-can-eat hanno lasciato la chat), l’appartamento per modelle in affitto a Parigi durante la settimana della moda in quella città è guarda caso su una salumeria, e le città asiatiche più disparate sembrano uscite direttamente dai videogiochi. Sarei potuta passare sopra moltissime di queste cose, se prese singolarmente, ma messe tutte assieme no, anzi, sono abbastanza arrabbiata, dato che complessivamente tolgono credibilità alla storia e poi perché scrivere un libro di denuncia presuppone un certo grado di ricerca che qui manca. Penso che narrazioni come questa facciano molto male sia al pubblico che alle vittime, perché semplicemente cavalcano l’ondata di fama di movimenti come il #MeToo per monetizzare. È irrispettoso e da un’autrice che si è a più riprese dichiarata a favore della figura del sensitivity reader non mi aspettavo una tale sfilata di stereotipi, tra l’altro espressi consapevolmente, poiché non mancano frasi che esordiscono con “so che è un cliché, ma…”. Avere la consapevolezza di star scrivendo un luogo comune trito non lo rende meno grave, anzi, forse peggiora addirittura la situazione, perché fa prendere alla storia, che voleva presentarsi come realistica, un taglio inadeguatamente caricaturale.

Tralasciando il mio momento di rabbia, posso dire che il libro è diviso in due macroparti: nella prima, la narrazione si focalizza esclusivamente sui drammi adolescenziali di Jana che fa fatica a conciliare impegni scolastici e vita privata con il suo nuovo lavoro. Non mancheranno punti alla Il Diavolo veste Prada con tanto di fidanzato che si lamenta di non riuscire più a vedere Jana perché sempre impegnata o amiche del cuore che improvvisamente non sopportano un po’ di distanza. Non lo so, raga, a me questa gestione dei rapporti umani è sembrata fintissima. Molte delle persone che ho più care al mondo abitano a migliaia di chilometri di distanza da me e non litighiamo certo per questo (anzi, forse proprio in virtù di questo litighiamo meno).

Tuttavia, la seconda parte è quella che si concentra sugli abusi e lo fa anche benino. Ma anche qui, ho da ridire su alcune cose, perché, nonostante l’abusatore fosse una persona protetta a più riprese da chi sapeva e non ha fatto nulla, il suo ci viene comunque fatto passare come un caso isolato, come una singola persona, più che un sistema che ti mastica e ti risputa quando ha finito con te. Si tratta, insomma, di una sola persona che commette azioni abbiette, più che di un sistema fatto di persone che ti dicono di dimagrire e prendere droghe per dormire o stare sveglia, o ancora che sessualizza ragazzine dodicenni (vedi intervista a Sara Merlotti nel link a fine pagina), tutti comportamenti che sappiamo esistano nel mondo della moda, ma che qua vengono mostrati solo sullo sfondo delle vicende adolescenziali di Jana, in modo molto annacquato, o non vengono mostrate affatto. Leggere questo libro dopo lo scandalo Balenciaga è un po’ come guardare rai YoYo dopo un documentario su Chernobyl. La parte degli abusi, dicevo, è anche raccontata bene, verosimile e credibile, ma accade troppo velocemente e quasi di punto in bianco, senza alcun climax che ci faccia arrivare al punto di rottura. Un vero peccato, perché era questa la vicenda importante e l’autrice ha anche saputo raccontarla con delicatezza, pur con qualche scivolone dettato dalla fretta. 

La prima parte del romanzo, poi, oltre che dilungarsi in patemi adolescenziali anche legittimi per un libro riservato a questo target, si sofferma su qualcosa che mi è via via più indigesta man mano che invecchio: le scene di sesso tra persone minorenni. No, non prendete i forconi e lasciatemi spiegare. So che gli adolescenti sono sessualmente attivi e non c’è nulla di male, ma è davvero necessario che una donna adulta si metta a scrivere delle scene così esplicite che riguardano dei ragazzini che alla fine non sono finalizzate a raccontare qualcosa di importante ai fini della storia? Poiché non servono a narrare o spiegare nulla nella trama e non fanno parte di un quadro più ampio, ho sinceramente fatto fatica a capire il motivo per cui fosse stato riservato loro tanto spazio e dopo aver letto il finale del libro sono rimasta ancora più perplessa, proprio perché speravo che servissero per andare a parare da qualche parte, ma così non è stato. La narrazione si è soffermata tantissimo su dettagli di nessuna rilevanza per poi affrontare in modo sbrigativo le questioni davvero importanti della storia. Secondo Cěchov, se nel primo atto inserisco una pistola lo faccio perché arriverà il momento in cui dovrò sparare; qui no, non c’è un motivo per cui molte cose accadono e se fossero state tagliate le parti inutili, le pistole che non sparano, per intenderci, ci sarebbe stato più spazio per il vero tema del libro, che sarebbe arrivato prima, invece che dopo 200 pagine. 

Nota di demerito alla traduzione. Non me ne vogliate, non ho nulla di personale contro Tiffany, la stimo molto come content creator, ma questo è il secondo libro che leggo tradotto da lei e per la seconda volta la traduzione per me è peggiorativa del contenuto. In Una Dote di Sangue c’erano problemi con i congiuntivi, le consecutio temporum erano spesso e volentieri sbagliate. Qui ci sono problemi sintattici di varia natura e troppi periodi che sembrano tradotti con Google Translate. Spero che questo mio pensiero non causi una shitstorm ma per onestà intellettuale non mi sento di soprassedere su un aspetto tanto importante.

Un elemento che ho trovato pregevole, invece, è la prosa: Carne da Macello è scritto in prima persona dal punto di vista dell’adolescente Jana e devo ammettere che lo stile di scrittura ricalca in modo credibile quello di una sedicenne. Ci sono elenchi puntati, gergo giovanile e stralci di chat, che aiutano decisamente a calarsi nella storia e nella psicologia di Jana, per quanto una prosa del genere potrebbe non essere facilmente digeribile per un pubblico più adulto. Forse sono stata un po’ disfattista nell’ elencare i difetti, ma Carne da Macello non è completamente da buttare via, è comunque un romanzo scorrevole e gradevole, per quanto non esente da problemi. È un libro che scivola via velocissimo e intrattiene a dovere, quindi se questo tipo di lettura è ciò che cercate al momento, allora questo libro fa per voi.

In conclusione, non penso che Carne da Macello sia un libro intrinsecamente brutto, solo che non mantiene le promesse iniziali. Come libro per spezzare, da leggere per piacere, va benissimo, ma non se cercate una lettura dal taglio giornalistico, dato che sotto certi aspetti si tramuta involontariamente in una sfilata di stereotipi caricaturali.  



martedì 27 settembre 2022

Demone nel Bosco

Ciao, bella gente! Oggi parliamo nuovamente di Leigh Bardugo, un’autrice che mi ha riservato tante gioie, ma anche dolori. Questa volta parliamo di una graphic novel che ho potuto leggere grazie alla mia amica Beatrice, che ha organizzato l’evento, e grazie a Mondadori che ci ha consentito di leggerla in anteprima.


  • Titolo: Demone nel Bosco
  • Titolo originale: Demon in the Wood
  • Autrice: Leigh Bardugo:
  • Illustrice: Dani Pendergast
  • Traduttrice: Roberta Verde
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804764625
  • Casa editrice: Mondadori 
Trama

Eryk e sua madre, Lena, hanno trascorso la loro esistenza fuggendo incessantemente da un luogo all'altro, con la convinzione che, forse, per loro non esista proprio un porto sicuro. Perché entrambi non solo sono Grisha, ma sono i più potenti e letali tra loro. Temuti da chi vorrebbe ucciderli e braccati da chi vorrebbe sfruttarne i doni, devono cercare di tenere nascoste le loro capacità ovunque vadano. Ma talvolta i segreti più pericolosi trovano comunque il modo di venire a galla... Questo graphic novel, scritto da Leigh Bardugo e illustrato da Dani Pendergast, è il prequel di "Tenebre e Ossa", tassello indispensabile del GrishaVerse che permette di gettare un po' di luce sulle origini di un destino tanto grandioso quanto sinistro, quello del temuto e potentissimo Oscuro.

Recensione e commento

Era il giugno del 2017 quando Leigh Bardugo pubblicava un racconto di trenta pagine che raccontava un breve sprazzo della vita di Alexander ben prima che diventasse il Darkling.

L’icona dedicata al
Santo Senza Stelle in

Il mondo in cui si muove è quello che ormai abbiamo imparato a conoscere: ostile verso i Grisha, ed è a causa di questa ostilità che un ragazzo tanto giovane è costretto a spostarsi, assieme a sua madre, e dover cambiare identità a ogni villaggio. Prima nella novella e poi in questa graphic novel, illustrata da Dani Pendergast, è possibile vedere gli eventi salienti che hanno portato un ragazzo dall’essere un emarginato, a una guida per i suoi simili e, alla fine, il cattivo che abbiamo visto nella trilogia

Personalmente, non sono quasi mai un’estimatrice dei cattivi, mi capita molto raramente di giustificare le loro azioni in virtù delle buone intenzioni (AIDAN è un altro paio di maniche, non giudicatemi troppo severamente), del resto “ha fatto anche cose buone” è una frase che si sente spesso dire associata a persone che possiamo, diplomaticamente, definire opinabili, ma per la fanbase del Darkling questa graphic novel è sicuramente un gadget da avere per completare la collezione. Bisogna ammettere che questo è un colpo da maestra, in fatto di marketing, perché Bardugo, che ama il suo cattivo al punto da riservargli una novella, una graphic novel e dedica questo piccolo volume al bravissimo attore che lo interpreta, riesce a cavalcare l’onda del successo della serie TV e al tempo stesso allarga il pubblico, dato che il racconto breve (disponibile in inglese sulle piattaforme online) è accessibile solo in poche lingue.

Per quanto riguarda i disegni in sé, lo stile è minimale e quasi simbolico, spesso l’ambientazione è una cornice per i protagonisti: le case, gli alberi, le rocce, sono spesso composte solo dai loro elementi di base, senza essere particolareggiate o caratterizzate nello specifico e sono disposte in modo tale da contornare la scena all’interno, costituita spesso da primi piani. L’ambientazione fjerdiana è trasmessa anche dalla palette dominata da colori freddi, mentre i colori caldi sono spesso simbolo di emozioni contingenti dei personaggi e tendono a durare poco.

Se non avete ancora finito la vostra avventura nel mondo Grisha, non preoccupatevi! Demone nel Bosco non è una lettura assolutamente necessaria ai fini della comprensione della saga, ma sono sicura che per la fanbase di Bardugo sarà un regalo gradito da esporre sulla libreria.

mercoledì 29 dicembre 2021

The Furry Thing


La recensione di questo simpatico libro è arrivata del tutto inaspettata, ma mi si sono subito immersa appena la mia amica Valeria mi ha proposto di farla, quindi ringrazio sia lei, che ha organizzato questo evento, sia la casa editrice Beccogiallo che mi ha omaggiata di una copia. Buona lettura

  • Titolo: The Furry Thing
  • Autore: Kamwei Fong
  • Casa editrice: Beccogiallo
  • Codice ISBN: 9788833141749
Quarta di copertina

In The Furry Thing c'è tutto l'universo dei gatti, tranne le bocche dei protagonisti. Senza bocche, le loro emozioni vengono trasmesse dagli occhi espressivi e luminosi, dalle orecchie vigili e dalle code grandi e cespugliose e, naturalmente, dal pelo più o meno folto (o meglio, folto, molto folto o foltissimo).

Nato nel 2009, The Furry Thing è il progetto artistico dell'illustratore, scultore e designer di Kuala Lumpur, Kamwei Fong. Utilizzando solo inchiostro nero a micro pigmenti e delle fitte trame di piccoli, brevi, segni, Fong ha creato centinaia di illustrazioni oniriche e fantasiose di gatti di ogni genere e taglia. Nonostante lo stile uniforme, quasi matematico nella sua progettazione e lavorazione, ogni gatto di The Furry Thing mostra una personalità unica: ci sono i gatti arruffati, panciuti e goffi, ci sono gatti sinuosi, eleganti e fieri, altri ancora hanno occhi curiosi, o diffidenti, o ruffiani. Alcuni hanno code enormi che puntano il cielo, altri sono arrotolati su loro stessi a formare un cerchio talmente perfetto da risultare magnetico. Ci sono poi quelli dal muso schiacciato o dal pelo striato, le code elettriche o le orecchie asimmetriche, gli sguardi assonnati o le movenze sinuose.

Recensione e commento 

Tu sei il tuo peggior nemico
The Furry Thing è un libro illustrato molto diverso rispetto a quelli che ho recensito finora perché contiene quasi esclusivamente disegni che non sono finalizzati a raccontare una storia, ma che fungono da “frasi motivazionali” o come mezzo per esprimere un’emozione dell’artista. Per questo è diviso in varie parti tematiche, alcune che ricreano l’umore di un momento tramite il movimento del corpo di un gatto, altri ancora sono delle sorte di “ritratti” di gatti veri e vi sono altre parti che, invece, trasmettono un messaggio tramite un’ analogia. The Furry Thing è un libro che si sviluppa esclusivamente su scale di grigio, ma nonostante ciò (o forse proprio per questo) è di grande impatto. L’insieme è molto asiatico, poiché l’artista di Kuala Lumpur disegna i gatti che ama e che gli somigliano nello stesso modo in cui io mi disegno le sopracciglia (stessa cosa, proprio): un singolo pelo alla volta. In effetti una dei tratti di spessore variabile e un singolo errore può rovinare l’insieme del disegno, frutto di una pazienza infinita ed è incredibile come non soltanto l’effetto finale sia estremamente morbido e apparentemente senza sforzo, ma anche come riesca a rendere l’idea delle varie razze feline variando solo la gradazione del nero. 

The Furry Thing mostra non solo quanto talvolta i gatti siano umani, ma anche che sarebbe meglio che gli umani fossero come i gatti: i gatti sono chi vogliono essere e hanno questo perenne atteggiamento menefreghista tipico di chi non ha particolarmente a cuore le norme sociali né sente la pressione psicologica di dover essere perfetti o dover essere qualcun altro. I gatti in questione non nascondono le emozioni, né quando hanno paura, né tantomeno quando si tratta di mostrare sdegno e lo fanno con ogni singola fibra del proprio corpo, per questo non hanno bisogno di bocche per comunicare.

Ciò rende The Furry Thing un libro adattissimo non solo a chi ama i gatti e rivede in queste illustrazioni molti del loro atteggiamenti, ma anche chi ha bisogno di una piccola spintarella motivazionale per vivere meglio la propria vita. Un regalo perfetto anche per chi ama l’arte e vuole scoprire nuove tecniche e nuovi artisti.

mercoledì 24 novembre 2021

Io, i miei Mostri e me

 

  • Titolo: Io, i miei Mostri e me
  • Autrice e illustratrice: Caterina Costa
  • Lingua: italiano
  • Codice ISBN: 9788833141831
  • Editore: Beccogiallo
Trama:

Il primo libro della giovanissima Caterina Costa, instagrammer, autrice di webcomics, conosciuta tra i suoi tanti fans con lo pseudonimo di CHEIT. Un webcomics che racconta senza filtri le ansie, le paure, le inquietudini, le sofferenze dei ventenni di oggi. Un'autrice dall'enorme seguito sui social media.



Recensione e commento

Io, i miei Mostri e me è un libriccino che contiene molte vignette create durante l’Inktober dall’artista Cheit.jpg e l’ho letto a scatola chiusa. Mi aspettavo che fosse una storia unica, invece è composta da tante vignette autoconclusive che esprimono un stato d’animo specifico, un po’ come se l’autrice avesse voluto condividere con noi il suo diario sotto forma dì disegni. Si parla di paura della solitudine e dell’abbandono, di nostalgia e di ferite lasciate dalle relazioni umane. Si parla di ansia. E in particolare questo è il punto che mi ha fatto capire di essere cambiata molto: qualche anno fa, leggendo questo libro e ammirandone le illustrazioni avrei pensato “mio Dio, ma parla di me”. Ora, dopo un lungo percorso, mi rendo conto che questo modo di rapportarsi con la propria ansia non mi rappresenta più, perché non ho più paura del mio lato oscuro perché è parte di me. Anche in questo libro si parla di cambiamento e, forse, se non lo avessi letto, non mi sarei accorta dì quanto sono cambiata io. Anche in Io, i miei Mostri e me c’è posto per la speranza e per brevi sprazzi di felicità e penso che possa essere il libro giusto per tutte le persone che stanno cercando comprensione e qualcuno che sappia esprimere per loro il modo in cui si sentono.

venerdì 19 novembre 2021

Apollo Credici

  • Titolo: Apollo Credici
  • Autori: Luca Perri, Adrian Fartade
  • Illustratore: Leo Ortolani
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 978-8851187002
  • Editore: DeAgostini
Trama

Anno in corso: 2101 dell’Era Comune

Temperatura esterna: 35 gradi centigradi

Caro lettore,

Questo libro esiste perché tu hai deciso di aprirlo.

Forse potevi impiegare meglio il tuo tempo, ma… eccoti qui!

Io sono Schwa, raro esemplare di Pandalorian. La famiglia a cui appartengo vive indossando una soffice armatura a forma di panda e, per evitare che le discussioni degenerino, abbraccia tutti.

Bene: se dopo questa mia presentazione ancora non ti sei spaventato, sei pronto a partire insieme a me e ai miei coraggiosissimi compagni di avventura per un viaggio cosmico davvero elettrizzante.

Che cosa troverai in queste pagine? Loop temporali, immersioni tra galassie lontane anni luce, warmhole, buchi neri, supernove, asteroidi in collisione e pianeti sconosciuti.
Sarai tu a decidere in quale pasticcio cacciarti, finché non ti resterà solo un’opzione: il motore a improbabilità infinita. Ovvero… un dado.

Anno in corso: 2101 dell’Era Comune

Temperatura esterna: 35 gradi centigradi

Caro lettore,

Questo libro esiste perché tu hai deciso di aprirlo.

Forse potevi impiegare meglio il tuo tempo, ma… eccoti qui!

Io sono Schwa, raro esemplare di Pandalorian. La famiglia a cui appartengo vive indossando una soffice armatura a forma di panda e, per evitare che le discussioni degenerino, abbraccia tutti.

Bene: se dopo questa mia presentazione ancora non ti sei spaventato, sei pronto a partire insieme a me e ai miei coraggiosissimi compagni di avventura per un viaggio cosmico davvero elettrizzante.

Che cosa troverai in queste pagine? Loop temporali, immersioni tra galassie lontane anni luce, warmhole, buchi neri, supernove, asteroidi in collisione e pianeti sconosciuti.
Sarai tu a decidere in quale pasticcio cacciarti, finché non ti resterà solo un’opzione: il motore a improbabilità infinita. Ovvero… un dado.

Recensione e commento

A TUTTE LE UNITÀ: la recensione di Apollo Credici verrà redatta sotto forma di recensione game, sarà lə lettorə a decidere dove andare. E trattandosi di un libro con età di lettura dagli 11 anni tutte le parolacce verranno sostituite dai nomi dei prodotti della Mulino Bianco, come farebbe Matteo Fumagalli, così siamo più family friendly.

Se vuoi sapere come è stata la conferenza al Salone continua a leggere, se vuoi leggere la recensione vai al paragrafo 4 se ti interessa sapere l’impatto dell’astronomia nella mia vita vai al paragrafo 3

    1) Quando, nel lontanissimo 9 settembre anno di bordo 2021, mi è arrivata la newsletter mensile della casa editrice DeAgostini, mi sono praticamente fiondata sulla tastiera del computer per richiedere la copia staffetta di questo libro. E quando ho saputo che gli autori Fartade, Perri e Ortolani sarebbero stati al Salone del libro mi sono mangiata le mani per non averla ricevuta in tempo, ma in compenso ho avuto la possibilità di comprarne una copia sul posto da poter far autografare.

Se non te ne importa un Flauto al cioccolato della mia esperienza al Salone del Libro di Torino e vuoi leggere la recensione vera e propria vai paragrafo 4.

    2)  Al Salone del Libro c’erano sicuramente diversi eventi che potevano interessarmi, ma, tra una cosa e l’altra, presa da mille impegni e incontri con persone del webbe, alla fine la conferenza dei tre autori di
Firmacopie con gli autori al Salto+
Apollo Credici è stata l’unica a cui ho partecipato in modo non casuale (erano rimasti in sala solo due posti non prenotati, e li abbiamo presi io e Sara. Pensa un po’ che Plumcake Classico!). Ora rischio di diventare un po’ malinconica, perché per me, paradossalmente, la scienza è un po’ come una fede: è il posto in cui vado quando ho bisogno di risposte, tanto che da bambina volevo diventare una scienziata (poi ho avuto delle pessime basi in matematica e i miei sogni si sono infranti). Per cui assistere a un evento in cui si parla di scienza in modo così appassionato ed entusiasta per me è stato un ritorno proprio a quelle sensazioni che sentivo da bambina quando scoprivo qualcosa di nuovo. Inoltre, credo fortemente che il modo di Adrian Fartade e di Luca Perri sia il migliore per avvicinare le capre ignoranti come me alla scienza: allontanandosi dallo stereotipo di scienziato tutto d’un pezzo che snocciola nozioni che lasciano il tempo che trovano e incentrandosi molto di più sul lato immaginativo che la scienza permette. Alla domanda “Come pensate che si evolverà l’umanità nei prossimi millenni”, Adrian ha risposto entusiasta “Io voglio la coda prensile” (spiacente, caro, per quella bisogna chiedere a Evoluzione di Barbascura X) e trovo che non perdere questo entusiasmo fanciullesco sia esattamente ciò di cui la scienza, in questi anni di buia diffidenza abbia bisogno. E poi anche io avevo necessità di sapere qual è il modo più metal di morire, ovvero sepolta/sciolta dalla neve metallica sul pianeta Venere (up the irons \m/) che cosa veramente Galletta!

Per la recension vai al paragrafo 4. Se invece preferisci parlare male degli ingegneri aerospaziali lascia un commento o un messaggio privato. Se vuoi approfondire il motivo per il quale questo libro è tanto importante per me continua a leggere.

    3) Oltre al fatto che la scienza per me è sempre stata un’amica presente nella mia vita, anche se io non sono sempre stata fedele, devo ammettere che l’astronomia e l’astrofisica hanno un posto speciale in quel buchino nero supermassivo che ho al posto del cuore. La grafica di questo blog la dice lunga e Zosma stessa è una stella. Per me rappresenta quello che rappresenta per Lazlo Strange ne Il Sognatore, ovvero un posto che possa farlo sentire finalmente accettato e capito. Un posto in cui possa essere sé stesso. Ma Zosma è anche una stella nella costellazione del Leone (vi lascio qui la pagina di Chiara skywalker, è bravissima, andate a dare un’occhiata) e quando l’ho saputo, aver scelto questo nome per me ha avuto ancora più senso. Apollo Credici è, poi, un libro che avrei adorato da bambina, quando leggevo solo libri a tema scientifico e per ogni risposta avevo dieci domande. Trattandosi di un libro game, per ogni situazione ci sono varie scelte possibili e non esistono domande stupide o troppo surreali per essere prese sul serio. Se tutti gli insegnanti fossero come Perri e Fartade, forse non mi sarei mai scoraggiata e adesso starei guardando il cielo per mestiere.

Per la recensione continua a leggere. Se vuoi continuare a parlare male degli ingegneri lascia un messaggio privato o un commento. Maledetti ingegneri, hanno rovinato l’ingegneria!

    4) Ma venendo a noi, è il caso di recensire finalmente questo libro in quanto tale. Si tratta di un libro
Gli autori al Salto+
game (se non sai cos’è un libro game, vai alla nota in fondo alla pagina), per cui è una storia interattiva, in cui è la persona che legge a decidere le scelte di Schwa, facendo così virare la storia verso sei finali possibili e tantissimi intrecci di trama che portano lə protagonista a esplorare l’universo e il Sistema Solare (tra le altre cose, ma quanto mi sono sentita Nastrinamente nel futuro mentre dicevo “Alexa, lancia un dado da sei facce” quando dovevo prendere una decisione per Schwa?).
 Attraverso la sua esplorazione cosmica, Schwa visita la nostra Luna, tutti i pianeti del nostro sistema (mi manca Plutone. Mi manca davvero, mi era simpatico, non è stato giusto averlo escluso solo perché nella sua orbita il Sole non occupa uno dei due fuochi), ma ha anche la possibilità di fare alcune esperienze fantascientifiche in senso stretto, come attraversare un wormhole, che è stato teorizzato, o avvicinarsi a un buco nero, o utilizzare un ascensore spaziale (anche questo esiste solo in teoria). Le esplorazioni all’interno del Sistema solare sono rese possibili da AL4500, un’intelligenza artificiale che va di diritto nella classifica delle mie preferite (lui, a differenza di Alexa, non mi sembra un possibile omicida, visto che non ha risposto “Non lo so” alla domanda “Alexa, quando partirà la rivolta delle macchine mi risparmierai la vita?”), ed è proprio colui che si occupa di fornire le nozioni. Queste informazioni sono le stesse che si possono trovare nei libri di scuola, quindi non sono trattate in maniera tecnica e incomprensibile per le Crostatine al cacao come me o per i bambini, e anzi, trattandosi di un libro di divulgazione sono presenti anche molte curiosità interessanti o situazioni ipotetiche che anche qualcuno che mediamente è sul pezzo in questo campo potrebbe trovare interessanti. Non esistono domande troppo assurde e Apollo Credici dà la possibilità di fare delle scelte incaute per il gusto di vedere cosa succede. 
Al di là delle nozioni, che indubbiamente questo libro fornisce, ci sono anche altri motivi per i quali leggere e apprezzare questo libro. Primo fra tutti che non tratta esclusivamente di astronomia, ma tocca anche altri temi, in modo marginale, come gli effetti del riscaldamento globale, che mostra, dallo spazio, un pianeta Terra molto diverso da quello che conosciamo oggi. Ma uno dei motivi per cui ho amato questo libro e che rappresenta un’innovazione più della scelta narrativa in sé o della divulgazione, è stata la scelta degli autori di utilizzare Schwa come protagonista. “È brutto quando una ragazza non riesce a immedesimarsi perché improvvisamente la storia fa riferimento a un protagonista maschio”: Schwa è indeterminatə, almeno nella narrazione, e, per quanto sia stato difficile da scrivere per gli autori, per loro stessa ammissione, non è stato di sicuro difficile da leggere, anzi, dimostra che un cambiamento in questo senso può essere fatto. Schwa, poi, è unə Pandalorian, quindi va in giro con un’armatura a forma di panda (Barbascusa X ha abbandonato la cha) ed evita i conflitti abbracciando le persone in segno di accoglienza e dialogo. Anche questo è un punto di svolta interessante nella narrativa, poiché spesso e volentieri le storie fantastiche e fantasy sono incentrate sulla risoluzione dei conflitti attraverso l’uso della violenza. Dovremmo essere un po’ tutt* come Schwa.
Non mancano poi numerosi riferimenti nerd a tanta fantascienza precedente, come Alien o Odissea nello Spazio (e il fatto di aver colto moltissime citazioni mi sta facendo sentire incredibilmente vecchia…) e soprattutto le prese in giro agli ingegneri si sprecano, perché gli ingegneri, si sa, soprattutto se sono aerospaziali, sono delle persone orrende (fratello caro, se stai leggendo TI VOGLIO BENE).

In definitiva, si sta avvicinando Natale. Tenere in considerazione Apollo credici come regalo per sé o per gli altri è sicuramente una buona idea


*Secondo Wikipedia, un libro game è un’opera narrativa che invece di essere letta linearmente dall’inizio alla fine, affre al lettore la possibilità di partecipare attivamente alla storia, decidendo tra alcune possibili alternative mediante l’uso di paragrafi o pagine numerate. Lettori diversi (o la stessa persona in occasione di una rilettura) potranno compiere scelte diverse e ciò condizionerà lo svolgimento e la fine della trama.






mercoledì 27 ottobre 2021

La Mano Sinistra del Buio


  • Titolo: La Mano Sinistra del Buio
  • Titolo originale: the left hand of darkness
  • Autrice: Ursula Le Guin
  • Traduttrice: Chiara Reali
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804732051
  • Editore: Mondadori

Trama

Sul pianeta Inverno, coperto di ghiacci perenni e dominato da una struttura semi-feudale, l'Ecumene ha inviato un emissario, Genly Ai, incaricato di convincere gli indigeni a unirsi alla Lega. Non sarà facile per lui entrare in contatto con gli abitanti di quel mondo alieno, ancora ignoto, che trascorrono i cinque sesti della loro esistenza in uno stato ermafrodito neutro, per poi essere maschi o femmine solo nei giorni del kemmer. Per riuscire nel suo intento, l'Inviato dovrà superare differenze biologiche, culturali, psicologiche, sociali e comprendere articolate organizzazioni politiche, oltre che affrontare condizioni estreme in un attraversamento del grande Nord degno di Jack London. Opera rivoluzionaria per i suoi aspetti concettuali e stilistici, "La mano sinistra del buio" descrive - nota Nicoletta Vallorani - «la progressiva costruzione di un rapporto di amicizia tra diversi che oltrepassa con spontaneità struggente ogni genere di differenza, e ogni differenza di genere». La nuova traduzione di Chiara Reali riesce a restituire tutti i colori di un testo complesso e delicato, un romanzo dallo stile fluido e composito, che mostra come categorie da noi ritenute determinanti non lo siano affatto, e come sia possibile progettare una cultura che da esse prescinda. «E questo che insegna la creazione immaginaria,» conclude Vallorani «ipotizzare mondi che potrebbero insegnarci qualcosa sul nostro.»

Recensione e commento

 Quindi, ricapitolando, Ursula Le Guin nel 1969 (MILLENOVECENTOSESSANTANOVE) ha parlato in un unico libro di:
  1. Persone genderfluid/agender con relativa questione linguistica,
  2. Macchine a motore elettrico non alimentato da fonti non rinnovabili,
  3. Riscaldamento globale.
La recensione potrebbe anche fermarsi qui, anche perché da un lato ci sono troppe cose da dire, dall’altro non si sa da quale parte cominciare, quindi proviamo ad andare con ordine.

Partiamo col dire che se state cercando una lettura per passare il tempo, che vi intrattenga senza essere eccessivamente impegnativa e che rispetti i canoni della letteratura contemporanea, questo libro non fa per voi. La Mano Sinistra del Buio è un fantascientifico vecchio stile, di quelli pieni di descrizioni, in cui spesso il flusso di coscienza ha la meglio sull’azione e il linguaggio è talmente aulico che a volte sembra di leggere un testo sacro come la Bibbia, tanto la prosa è altisonante. Nella costruzione del mondo si vede che Le Guin è avvezza a scrivere fantasy, perché l’ambientazione, dal punto di vista dell’approfondimento della mitologia e della cultura dei vari popoli che abitano il pianeta Inverno, è più vicina a quella di un high fantasy che a uno scifi come lo si intende comunemente. Non ci sono battaglie interstellari con navi armate fino ai denti o sfoggio di particolari marchingegni tecnologici: la modernità avanguardistica di Le Guin si vede da altre cose, una su tutte l’immaginazione di una società in cui non esistono generi e sessi (e Le Guin non fa MAI confusione tra le due cose, nel 1969. Direi che fare confusione nel 2021 ha pochissime scuse…) se non nel periodo che corrisponde all’estero, in cui chiunque ha diritto alle ferie pagate. Quindi nel 1969 Le Guin ha piazzato in punta di piedi anche un riferimento a un fenomeno che ancora oggi, ben 52 (CINQUANTADUE) anni dopo è ancora dibattuta e ignorata. È quasi spaventoso vedere quante cose abbia indovinato e quante, purtroppo, non siano cambiate rispetto al suo tempo.
La mancanza di generi binari, poi, produce una serie di effetti a cascata nell’organizzazione sociale, tanto che al protagonista, un maschio terrestre, sembra totalmente impossibile da ricreare nelle società bigenere. Egli stesso si domanda in diverse occasioni se le differenze che conosce tra sé stesso e le donne della sua specie siano biologiche o dovute da ruoli sociali imposti e non se ne sa dare risposta. Per lui la società agender di Inverno è totalmente incomprensibile, al punto che in base alla persona che si trova davanti decide di volta in volta se sia uomo o donna a seconda alle qualità individuali (neanche a dirlo, spesso gli individui pieni dì difetti sono considerati donne o ragazze) e si rivolge a loro utilizzando il maschile perché più generico per antonomasia, proprio in virtù del fatto che la società terrestre è basata su un dualismo privo di vie di mezzo. Solo con il tempo e il suo viaggio, fisico e interiore, capirà che in natura esiste anche il neutro, esistono il tutto e il nulla. Le Guin è stata semplicemente geniale anche nella gestione delle dinamiche interpersonali in una società in cui non esiste la guerra eppure esistono i rancori, l’omicidio, l’orgoglio. Utilizza, inoltre, un protagonista di colore e una popolazione autoctona non bianca, in un periodo in cui la letteratura era popolata da maschi bianchi etero e soltanto negli ultimi anni si sta cominciando a parlare di letteratura fantasy inclusiva. Ebbene, lei è stata una precorritrice ed è forse questo il motivo per il quale la prima edizione di questo libro in italiano, pubblicata nel 1971, non è stata poi portata avanti fino ai giorni nostri e questo libro è sparito dagli scaffali. Le Guin era troppo avanti in un Paese in cui il fantastico è visto come un genere (non) letterario di serie B e le sue menzogne al servizio della verità non sono state apprezzate. Ma forse adesso i tempi sono maturi per questa storia vecchia di cinquant’anni eppure straordinariamente contemporanea! 

L’accuratezza scientifica, che poi è ciò che rende questo romanzo un fantascientifico, si spinge a dei livelli che fanno quasi paura e a tratti suonano come delle profezie, come nei riferimenti alle macchine alimentate a batteria o all’anidride carbonica che nel giro di qualche generazione farà aumentare la temperatura del pianeta. Considerando che Inverno è coperto di ghiacciai che sciogliendosi in primavera creano dei torrenti, un fenomeno globale e permanente creerebbe degli effetti catastrofici a lungo termine, eppure tutti se ne lavano le mani perché il problema sarà delle generazioni successive. Vi suona familiare?

La Mano Sinistra del Buio è senza dubbio un libro a tratti ostico e dotto per stile di scrittura, ma è una lettura necessaria, bellissima e arricchente nel bagaglio di chi ama la fantascienza e/o ha a cuore i temi femministi che tratta.

mercoledì 13 ottobre 2021

Virginia Woolf


Ciao, bellissima gente! La recensione di oggi mi sta particolarmente a cuore perché tratta di una graphic novel che parla di una delle mie autrici preferite. Ringrazio Valeria per aver organizzato l’evento e la casa editrice per la copia omaggio.


  • Titolo: Virginia Woolf
  • Autrice: Liuba Gabriele
  • Codice ISBN: 9788833141800
  • Editore: Becco Giallo

Trama

Inghilterra, marzo 1941. Virginia Woolf cammina sulle sponde del fiume Ouse.

Raccoglie una pietra da terra, la soppesa sul palmo della mano e guarda l’acqua scorrere. Pensa alla battaglia feroce che si sta svolgendo nel mondo e dentro di lei.

Tutto ciò che l’ha accompagnata fino a quella riva rivive in fulgide immagini che rappresentano l’estrema forza dei suoi sentimenti, come la passione per l’amante Vita Sackville-West, la tenerezza per il fondamentale marito Leonard e il dolore per i tremendi lutti familiari. Sentimenti riversati nelle sue opere, con cui ha rivoluzionato la letteratura, passando alla storia come una delle più importanti scrittrici del mondo.

Recensione e commento

Questa graphic novel è una vera e propria opera d’arte, il che significa che va oltre la semplice esperienza estetica e decorativa, ma  riesce anche a veicolare un messaggio forte e in modo diretto. Queste poche pagine trattano in modo estremamente incisivo la vita della grande scrittrice Virginia Woolf e lo fanno in modo narrativamente interessante: si parte quasi dalla fine per ricongiungersi verso la conclusione delle tavole, in modo pressoché circolare, narrando gli episodi salienti della vita dell’autrice, quelli che hanno segnato la sua vita e, soprattutto, che hanno ispirato le sue opere. Questi sono spesso raccontati tramite la tecnica del flusso di coscienza della stessa Virginia, espediente letterario innovativo che lei, assieme a Joyce e altr*, fu tra le prime persone a sperimentare.

Trattandosi la graphic novel di un mezzo letterario che unisce la scrittura al disegno, il messaggio non viene veicolato solo dalla parola, ma anche dalle bellissime illustrazioni, in cui è spesso il colore a rappresentare lo stato d’animo della protagonista, ad esempio nella tavola in cui incontra Vita per la prima volta e le due donne sono rappresentate da colori complementari, o ancora, quando la loro felicità viene rappresentata da una cornice di fiori attorno alla tavola. Anche il bianco e nero rotto dalla singola luce del faro sono molto significativi, così come la guerra rappresentata con un rosso pienissimo che descrive benissimo la sofferenza e il rumore dentro la testa di Woolf, o ancora il bianco che rappresenta il suo vuoto interiore. Non mancano, tuttavia, paesaggi prospetticamente perfetti e altre illustrazioni ricche di dettagli, non prive di ispirazione da quadri famosi di pittori come Monet o l’immortale Van Gogh, spesso utilizzati come preludio per far capire a chi legge cosa succederà dopo.

Virginia Woolf è una graphic novel estremamente commovente perché va al di là della semplice descrizione della vita dell’autrice: ne mostra la sofferenza e la fragilità attraverso due dei più potenti mezzi artistici che l’umanità abbia prodotto. Imperdibile.

mercoledì 6 ottobre 2021

Bianco Intorno


Bentornat* sul blog, bella gente! L’articolo di oggi riguarda un graphic novel o una graphic novel. Non ho ancora deciso, al momento per me è una parola genderfluid), ovvero Bianco Intorno. Ringrazio tantissimo la mia amica Valeria per aver organizzato questo evento molto stimolante e ringrazio tantissimo anche la casa editrice Tunué per la copia omaggio. Cominciamo.


  • Titolo: Bianco intorno
  • Titolo originale: Blanc autour
  • Autore: Wilfrid Lupano
  • Illustratrice: Stéphane Fert
  • Traduttore: Andrea Cresti 
  • Codice ISBN
  • Editore: Tunué

Trama

"Bianco intorno, la vera storia di Prudence Crandall e Sarah Harris" è il nuovo graphic novel di Wilfrid Lupano e Stéphane Fert. Siamo in Connecticut, trent'anni prima dell'abolizione della schiavitù, una giovane insegnante apre le porte della sua scuola alla prima alunna afroamericana: Sarah Harris. Per reagire al malcontento locale, in un gesto insieme di rivolta e volontà, Prudence Crandall apre la sua scuola a tutte le giovani donne afroamericane della città. La storia della piccola scuola femminile diventa un pretesto per parlare, ancora una volta, dei principi di eguaglianza e fratellanza su cui dovrebbe basarsi la società. Un graphic novel che ci spinge ad interrogarci su temi ancora attuali e sulla responsabilità di scelta del singolo nei confronti di comunità spesso sorde ad ogni cambiamento. L'opera si regge su due assiomi fondamentali: il rifiuto di ogni discriminazione razziale ed il riconoscimento del diritto all'istruzione. Le piccole allieve della giovane istitutrice del Connecticut diventano simbolo di tutte quelle minoranze che, negli anni passati e presenti, pagano a prezzo spropositato un'eguaglianza che dovrebbe essere garantita. La storia della giovane istitutrice porta l'attenzione sul ruolo chiave che l'istruzione ricopre nella scoperta, lotta e ripresa dei propri diritti. La battaglia al diritto di istruzione si fa scontro contro ogni forma di discriminazione e razzismo.

Recensione e commento

 È incredibile quanto certe storie, per essere incisive, non abbiano bisogno di molte pagine o troppe parole. È il caso di Bianco Intorno, in cui, riprendendo alcuni avvenimenti realmente accaduti, si parla dei diritti civili dei neri e delle varie scuole di pensiero delle persone coinvolte.

Ma andando con ordine, volendo trattare prima di tutto i disegni, va detto che ogni scena ha una palette diversa di colori pastello a seconda della luce, dell’ambientazione e dell’umore delle protagoniste.

Per quanto riguarda gli avvenimenti di questo graphic novel, essi indagano una piccolissima vittoria per gli abolizionisti della schiavitù tra il 1832 e il ‘34, con l’apertura del primo collegio femminile per ragazze di colore e mostra le difficoltà per tenere aperta la scuola, mentre tutto il paese cerca di farla chiudere per mantenere lo status quo. Da un lato ci sono i bianchi che si lamentano di quanto i neri siano selvaggi, ma allo stesso tempo, non vogliono che queste ragazze si istruiscano, manifestando uno dei tipici controsensi delle persone conservatrici, che non hanno un reale motivo per affermare quello che dicono, se non quello di perpetrare il proprio privilegio. Non sono solo gli uomini a mettere i bastoni tra le ruote alle ragazze del collegio: anche molte donne del paese si domandano a cosa serva loro l’istruzione, dal momento che non le aiuterà a sbrigare meglio le faccende di casa. In questo modo dimostrano non solo di avere un pregiudizio nei confronti delle persone di colore, ma anche che non si rendono conto della loro stessa condizione di inferiorità in quanto donne. Il doppio standard, infatti, è uno dei temi principali della narrazione: se un nero trucida qualcuno è un pazzo sanguinario, se è un bianco a farlo, come un conquistatore romano, invece ha la gloria eterna. Un uomo istruito va bene, una donna istruita, anche se bianca, non attira alcun buon partito, perché tutto ciò che in un uomo è una qualità, è un difetto per una donna. Sono poche le persone che si fanno domande, ma saranno proprio loro a migliorare sé stesse. Ad esempio, la signorina Crandall, l’istitutrice bianca che insegna nella scuola, che si rende conto di non avere i mezzi per insegnare a delle ragazze nere perché la loro prospettiva sulla Storia è molto diversa dalla sua. Vuole, inoltre, evitare di appropriarsi del loro spazio rivendicativo e quindi per fortuna in questa storia non c’è il cliché in cui cadono molti libri che parlano di diritti civili dei neri, ovvero quello del bianco “buono” che porta avanti la battaglia per i poveri neri che, poverini, non sono mica in grado di combattere le proprie battaglie da soli. Qui non esiste questo tipo di narrazione e, anzi, viene anche mostrato quando le persone che parteggiano per la stessa causa possano tuttavia avere idee molto diverse sulle questioni che le riguardano. In materia religiosa, ad esempio, dove la devozione di alcune protagoniste viene sostituita con un ritorno alla religione animistica e al culto della Dea madre, rifiutando la religione cristiana dell’uomo bianco (anche Malcom X, per questo motivo, si era convertito all’Islam mentre si trovava in prigione).

Il finale non sarà stucchevole, anzi, trattandosi di fatti realmente accaduti, la chiusura della storia fungerà in modo ambivalente da vittoria e da sconfitta, perché dalle ceneri una fenice risorge sempre e per quanto si cerchi di tenere il mondo com’è, il progresso non si ferma solo perché alcuni lo desiderano.

Not Quite Dead Yet

Titolo: Not Quite Dead Yet Titolo originale: Not Quite Dead Yet Autrice: Holly Jackson Traduttore: Paolo Maria Bonora Lingua originale: ing...